Diario

Notte. Il russare di Orso al mio fianco.
Notte. Il silenzio è assordante.
Sfruculio fb e dalla bacheca di Magda Pattarello esce un ricordo lontano: il saggio del nostro primo corso di teatro. Un manipolo di anime, una diversa dall’altra. Vite che si intrecciavano alla sera in sala prove, per dividersi di giorno nello studio o nei lavori quotidiani.
Una musica che sale, insieme ad odori ed abbracci.

Io quegli abbracci li incontravo per la prima volta.
Fu apertura.
Fu calore.
Fu pensiero. Fu amore.
Fu un sentiero che divenne strada.
Fu lavoro.

A me quegli abbracci cambiarono la vita.

‘‘Correva l’anno 1987 e stavamo preparando il saggio finale della scuola di teatro che stavo frequentando, la storia era semplice due compagnie teatrali una di giovani avanguardisti e una di classici si scontrava per una scrittura e si batteva a colpi di monologhi, danza e canto. I”giovani” avrebbero presentato una coreografia su CanonnenSong di WeilBrecht gli “anziani “un tango, La Cumparsita . Per la coreogrfia c’era l’insegnante di danza, per il tango l’insegnante di mimo.
Sarebbe stato il saggio conclusivo dei tre anni nei quali avevo frequentato il corso, quei compagni di strada ai quali durante le improvvisazioni e anche no chiedevo abbracci e che me li davano a volte collettivi a volte singolarmente, avrebbero preso le loro strade ci saremmo lasciati, ma quell’anno avremmo calcato le tavole del teatro Goldoni, tutti assieme per l’ultima volta.
La coreografia dei giovani andava avanti spedita, il nostro tango invece non procedeva, nessuno aveva idea di come fosse e qualche cosa vista al cinema o in tv era molto caricaturale, la rosa in bocca, il casquet, purtroppo il maestro di mimo non ci aiutava si era arenato, ne parlammo con il regista e maestro di recitazione, che ci consigliò di ascoltare la musica e quello che ci suggeriva, esautorammo il mimo, e continuammo per conto nostro ascoltando e immaginando, qui ci vorrebbe un giro, qui una pausa .a un certo punto per il finale le coppie avrebbero dovuto ritrovarsi tutte attaccate e inciampare le une sulle altre. Andammo in scena i giovani fecero la loro performance, e poi toccò a noi vecchi, fu il palcoscenico, le luci, la magia del teatro, ma quel tango fu fatale. Scoprivo per la prima volta la bellezza del ballo di coppia, a parte il lento che proprio per ballare non si usava, il ballo in coppia non era della mia generazione. Ma quel ballo quell’abbraccio erano magici.
A settembre un caro amico mi propose di frequentare un corso di tango, il ciclo teatrale era concluso, e quel ballo mi si ripresentava, questa volta per studiarlo sul serio, per scoprire nuovamente quell’abbraccio. Non dovevo più chiedere un abbraccio anzi lo studiavo, lo ricevevo lo davo. Nell’inverno del 1988 iniziai quell’avventura che più tardi prese il nome di Libertango, altri amici altre storie, centinaia e centinaia di abbracci dati, ricevuti, studiati, insegnati. Ora non posso più ballarlo, le mie caviglie, le mie gambe non me lo permettono più, ma posso ancora gustarlo chiudere gli occhi e ballarlo nella mia immaginazione, gustarlo guardando gli altri ballare.
L’inizio della musica, l’incontro , l’abbraccio, il respiro, chiudi gli occhi e inizi a ballare.
Questa pandemia ha tolto tutto questo a chi balla in coppia, e per molto tempo ancora non si potrà ballare il tango, e ci manca, ci manca l’abbraccio, per me uno degli abbracci più belli del mondo.’


Magda Pattarello tanghéira.