Anno domini 2020. 22 Aprile. Domenica di Quaresima. Per me 28 gg di Stop.
Come sono cambiate le mie giornate! Mamma mia! Priorità tutte capovolte.
Ho fatto tanta fatica a mettere in ordine idee e cose da fare.
L’affanno per il lavoro e per l’economia di casa ha avuto il sopravvento per molti giorni. Poi, come sempre, le idee che funzionano sono le più semplici: quel che potrò fare farò, quel che potrò pagare pagherò, il resto aspetterà. Sarà quel che dio vorrà.
Il panico non è mai un buon alleato.
E’ il momento di vivere il “qui ed ora” che ho tanto predicato.
E così ho rimesso in carreggiata la testa, valutando da prima le cose positive:
- casa con uno spazio per ciascuno di noi.
- in aperta campagna con il nulla intorno.
- possibilità di: dipingere le stanze, fare il cambio degli armadi, pulire la cappa della cucina, riordinare il cassetto delle posate, leggere, studiare, guardare un film, ascoltare a tutto volume un concerto dei Pink Floyd…
- possibilità di fare orto, legna, giardinaggio, allenarsi, prendere il sole, andare al lago al di là della strada e far finta di essere da un altra parte, ascoltare con le casse da spettacolo un concerto dei Rolling Stones…
- fare il pane e altre cose buone.
- giocare a carte con il Dedo alla sera – non so se a lui piace, ma a me da pace.
- internet e possibilità di chattare, stare in contatto con il mondo esterno.
- vivere con tre coinquilini dal cuore d’oro e che amo molto.
- due cani che mi riempiono di coccole.
Cose negative in ordine sparso:
- il gatto è sparito.
- un importante affitto da pagare.
- il non avere amici in visita.
- il non andare a teatro.
- il non andare da amici.
- il non lavorare.
- avere una vita sociale ristretta.
- il gusto mancato di un cappuccino al bar della rocca.
Queste sono tutte cose superflue. Forse si, forse no. In ogni caso, posso anche vivere senza.
Ok, non ho lavoro e non l’avrò per mesi, ma in questo momento ho tanto.
Ma è il telegiornale a sconvolgermi davvero tanto.
Non ho paura della morte, la penso spesso.
E’ la morte in solitaria a darmi un senso di tristezza infinita.
Sono nata in una famiglia contadina. Si moriva in casa, e fino a che non arrivava il becchino con la cassa, il morto stava nel suo letto, lavato e vestito dai parenti. Chi pregava, chi accoglieva gli amici sulla porta, chi nel pianto veniva consolato. Il parroco con la croce e donne in processione. Il deprofundis cantato in coro. Il cancello aperto fino a che la tomba non era chiusa. E di nuovo il ritorno in casa dei parenti per un ultimo saluto, forse pure un bicchiere di buon vino.
Impensabile per me l’idea della morte in solitaria, impensabile il mancato saluto a chi voglio bene.
E di nuovo in ordine sparso:
- Quello che non posso controllare è meglio che lo lascio stare: non posso prevedere ciò che accadrà, né posso controllare la durata di questa situazione, o quanta carta igienica ci sarà al supermarket, o se troverò o meno la farina, né posso sapere come sarà la normalità.
- Non darò peso a ciò che fanno gli altri, ne ho già di mio a tenere a bada la mia mente.
- I miei coinquilini staranno in casa.
- Andrò a fare la spesa. Il meno possibile.
- Andrò con la bici ed con il carretto, perché ho tolto le assicurazioni agli automezzi.
- Farò con educazione la coda, e data la lunga attesa che mi aspetta, mi porterò dei pesetti per potenziare i bicipiti, in modo da ottimizzare il tempo.
- Starò distante da tutti ma avrò un atteggiamento positivo, e saluterò tutte le persone che incontro.
- Sarò il più possibile gentile. Almeno ci proverò.
Wanda cara, faccio mie le tue preoccupazioni e le tue consolazioni… soprattutto le seconde! Ti abbraccio di cuore fino alla prossima lettura!
Belle riflessioni sull’impotenza che domina la scena, che modifica le abitudini ma che fornisce anche una nuova visione della vita, riducendo cosi la sofferenza, alimentando la speranza e riscrivendo le priorità. Grazie Wanda.
Uno dei tanti tuoi spettatori.